Abbigliamento ecosostenibile: cos’è, perché acquistarlo
Dimmi come vesti e ti dirò chi sei. Essere alla moda è sempre più spesso un’esigenza maniacale, che valica i confini del buonsenso. Marketing e pubblicità hanno contribuito, negli ultimi 20 anni, a far lievitare l’acquisto dei capi di abbigliamento, rendendo quella della moda la seconda industria più inquinante al mondo dopo quella petrolifera.
La corsa frenetica per il raggiungimento di uno status symbol si traduce in cifre folli, come quella riguardante il numero di capi d’abbigliamento venduti nel solo 2017: 154 miliardi. Un consumismo sfrenato che danneggia l’ambiente e passa attraverso il lavoro sottopagato e l’impiego di sostanze nocive. Per ridurre l’acquisto sfrenato di capi inquinanti, si sta diffondendo la creazione di un abbigliamento sempre più ecosostenibile.
Cos’è l’abbigliamento sostenibile?
L’abbigliamento ecosostenibile è un approccio al design che si fonda su etica e sostenibilità. La prima fa riferimento alle condizioni lavorative e al benessere dei lavoratori dell’azienda moda. La sostenibilità, invece, ha lo scopo di proteggere l’ambiente, attraverso l’uso di materiali dal basso impatto ambientale, sia in fase di produzione che di smaltimento. La moda etica è, a tutti gli effetti, in fase embrionale, ma la sua avanzata è confermata dalle scelte di alcuni grandi marche. Tuttavia il ricorso ai materiali ecologici è ancora minoritario e la totale conversione verso una moda ecosostenibile e green appare, ad oggi, un obiettivo distante. Seppure perseguibile a medio-lungo termine.
Moda sostenibile e moda ecosostenibile: cosa sono e quali sono le differenze?
Molto spesso si tendono a confondere le definizioni di moda sostenibile ed ecosostenibile. La prima punta ad armonizzare il rapporto tra ambiente (moda ecosostenibile) e persone (moda etica). L’abbigliamento sostenibile è quello che rifiuta tutte le pratiche impattanti del settore tessile, come il ricorso a sostanze tossiche e non biodegradabili, che vanno ad accumularsi nelle acque reflue. Tali processi vanno a discapito del consumatore, che inconsapevolmente continua ad inquinare acquistando questi capi, e inoltre mette a rischio la propria salute andando incontro a gravi patologie causate dal bioaccumulo di quelle sostanze a contatto con la pelle.
La svolta delle grandi marche verso la moda sostenibile
Acquistare abiti non impattanti contribuisce quindi a preservare l’ambiente e a “mettersi in salvo”. Ma quali sono le aziende che incoraggiano l’acquisto dell’abbigliamento ecosostenibile?
Hanno avviato un percorso verso la sostenibilità alcune grandi marche come Adidas, Benetton, H&M, Levi’s, Nike, Puma, Valentino e Zara, mentre in Italia sono diverse le piccole e medie aziende che stanno destinando una interessante fetta della loro produzione all’abbigliamento sostenibile. Un brand che ha puntato tanto sull’ecosostenibilità è stata Stella McCartney, che per sviluppare la linea di abbigliamento che porta il suo nome ha proposto cashmere creato con il riciclo di vecchie stoffe e denim di cotone organico.
Come riconoscere l’abbigliamento ecosostenibile? Basta una sigla
La certificazione della moda sostenibile viene rilasciata da enti locali o internazionali, che confermano provenienza e qualità dei materiali impiegati, oltre al rispetto degli standard di sostenibilità sociale. Nello specifico si tratta di:
- Certificazione Gots: acronimo di Global Organic Textile Standard, verifica l’assenza totale di sostanze chimiche non conformi ai requisiti di tossicità e biodegradabilità
- Certificato Ocs (Organic Content Standard): tutela il consumatore sulla provenienza delle fibre naturali da agricoltura biologica
- Certificazione Grs (Global Recycle Standard): serve a dimostrare che i materiali dichiarati al 100% riciclati siano stati realmente ottenuti da scarti lavorati mediante processi ecologici
- Certificazione Fsc (Forest Stewardship Council): verifica che la materia prima impiegata per realizzare il capo d’abbigliamento provenga da foreste gestite nel rispetto dei lavoratori, del territorio e degli abitanti
Moda sostenibile fa quindi necessariamente rima con moda etica e green. Pensata per avere un minore impatto sulla Terra, questa deve garantire l’assenza di prodotti chimici inquinanti nella fase di realizzazione e riconoscere premi alle aziende che operano la svolta ecologica. Rinunciare al fast fashion equivale a tutelare i diritti dei lavoratori, acquistare consapevolmente (a costo di spendere qualche euro in più), incentivare la produzione locale e ridurre drasticamente l’inquinamento.
Cambiare le proprie abitudini di consumo, mai come in questo caso, può contribuire a salvare il pianeta. O almeno a migliorarlo.